Lo smart working ha cambiato lavoro e tempo libero. Tra libertà e confini sfumati, ecco come trasformarlo da trappola a trampolino per la vita quotidiana

Lo smart working non ti ha regalato tempo: te l’ha consegnato senza istruzioni. Giornate tra email e call, pause pranzo saltate e la sensazione di non aver mai staccato: davvero abbiamo guadagnato tempo libero o lo stiamo scambiando con stress digitale?
Il fenomeno non è passeggero. Secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, nel 2023 hanno lavorato da remoto circa 3,6 milioni di persone, contro meno di 600 mila prima della pandemia.
Nel 2024 è ormai una prassi stabile, spesso in forma ibrida. È più diffuso nei servizi, nella pubblica amministrazione e nelle grandi aziende, meno nelle PMI e nel manifatturiero. Tradotto nella vita quotidiana significa meno ore di spostamenti, più pasti in casa, ma anche un uso intensivo di piattaforme digitali.
La libertà iniziale si scontra presto con chat che lampeggiano a ogni ora e giornate indistinte. Molti avvertono isolamento e difficoltà a “staccare”.
Esperti di ergonomia (INAIL ed EU-OSHA) sottolineano tre punti chiave: spazio di lavoro dedicato, pause regolari, regole chiare di comunicazione. Ignorare questi aspetti porta conseguenze concrete: sonno disturbato, relazioni impoverite, concentrazione ridotta, mal di schiena, spese extra tra bollette e attrezzatura improvvisata.
Come far diventare la flessibilità dello smart working un alleato
La buona notizia è che la flessibilità può diventare un alleato. Creare un perimetro fisico, anche solo un angolo con sedia ergonomica e monitor regolato, migliora postura e concentrazione.

Le linee guida europee sui videoterminali consigliano brevi pause: la regola 20-20-20 per gli occhi e cinque minuti in piedi ogni ora. L’OMS raccomanda almeno 150 minuti di attività fisica a settimana: lo smart working facilita brevi corse o camminate nella pausa pranzo.
Per il tempo, il metodo più efficace è il timeboxing: blocchi di lavoro alternati a pause reali, con calendario condiviso. Sempre più contratti di smart working includono il diritto alla disconnessione: conviene usarlo con intelligenza, disattivando notifiche fuori orario e fissando la chiusura della giornata in agenda.
Anche le call si possono ottimizzare: quelle brevi trasformate in messaggi scritti, le riunioni concentrate in fasce orarie dedicate.
Chi non trova serenità a casa può appoggiarsi ai coworking: routine, socialità e meno distrazioni domestiche. In estate, la workation può offrire nuova energia se gestita con connettività adeguata e orari chiari. E nella quotidianità piccoli rituali aiutano: meal prep, spesa di prossimità, dieci minuti di stretching tra una riunione e l’altra.
Il bilanciamento non è magia ma manutenzione: riconoscere i segnali rossi come stanchezza e irritabilità, condividere regole con il team, ridisegnare i flussi di comunicazione. Lo smart working non è più parentesi, ma parte della vita di milioni di italiani. Può essere trampolino o trappola: la differenza sta nelle scelte quotidiane.